Il vivaio
Quattro passi da casa e cambia il mondo,
basta un portone verde, spalancato
in un abbraccio, il sorriso di tre amiche
ed ecco, in un cortile e un capannone,
comparire quell’Eden che si è perso,
per un serpente armato di una mela.
Qui convivono in splendida armonia,
rosmarino basilico limoni,
fichi d’india abeti ulivi e baobab nani,
con ciclamini viole aceri e palme,
papaveri orchidee gelsi oleandri,
poi non so più, che di botanica non so,
ma alberi e alberelli e rampicanti
dai nomi misteriosi, però belli,
sia da vedere che da starci in mezzo
a godersene l’ombra e l’armonia,
e a farsi indurre certi pensamenti
molto prossimi a suscitare il pianto.
Possibile, mi chiedo, che qui dentro
convivano le specie più diverse,
l’una che vuole l’ombra, l’altra il sole,
alte, basse, minuscole o giganti,
basta lasciare a ognuna un po’ di terra
in un vaso proporzionato alla statura
e crescono rigogliose e sempre in pace
le une accanto alle altre in compagnia,
senza pestarsi le radici, senza odiarsi,
male che vada si sposta un poco il vaso
e sembra che si sorridano, persino,
cosa che a noi umani no, non riesce.
No, non ci riesce proprio di convivere
senza guardarci l’un l’altro con sospetto,
senza rubarci il posto nella fila,
ostili al punto di scatenare una guerra,
ognuno con il suo dio, con la sua lingua,
impegnati a invidiarci, ad ammazzarci.
5 aprile 2025
dopo un giretto a Capoverde,
in via Leoncavallo, a Milano