XII^
17/9/2014

Non c’è una sola regione dello stivale che non venga colpita, con puntualità che fa invidia ai Freccia Rossa, da qualche disastro che riguarda il territorio. Ometto di proposito di citare i terremoti, che meritano un discorso più tecnicamente puntuale che io non sono in grado di affrontare. In linea di massima basta che piova…

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Non c’è una sola regione dello stivale che non venga colpita, con puntualità che fa invidia ai Freccia Rossa, da qualche disastro che riguarda il territorio. Ometto di proposito di citare i terremoti, che meritano un discorso più tecnicamente puntuale che io non sono in grado di affrontare. In linea di massima basta che piova per due o tre giorni di fila e con una certa intensità, ma a volte basta un forte acquazzone di qualche ora, perché qualcuno venga sepolto dal fango, perché frani una montagna, esondi un fiume, intere coltivazioni vengano irrimediabilmente allagate e paesi o quartieri di città sommersi e devastati. L’informazione televisiva ci inonda di povera gente con gli stivali di gomma intenta a buttare fuori di casa acqua, fango e rabbia, con automobili a ruote all’aria e casette sospese sul turbinio di acque limacciose. Tra una badilata e l’altra, tra un camion dei pompieri e una camionetta della Protezione civile, brandelli di interviste a sindaci, assessori, guardie forestali e vigili urbani o del fuoco, ministri di passaggio, mentre un elicottero rotea le pale sulla devastazione di turno. Interviste in cui tutti ripetono da sempre le stesse cose: costruzioni abusive, canali cementificati e pieni di detriti, frane in sospeso da sempre, assenza di sorveglianza e manutenzione di montagne e corsi d’acqua, oltre alle ovvie “precipitazioni eccezionali”, puntualmente espresse in millimetri, così viene fuori un numero più grande. Ora, già definire eccezionale una cosa che si ripete ogni anno ammetterete che suona un poco fuori luogo: se il Seveso allaga un pezzo di Milano ogni vent’anni, sì, diciamo che questo può essere definito un evento eccezionale, ma se esce di senno tre volte all’anno no. Così come non è un evento eccezionale quello di una strada sulla quale, ormai arrugginito dagli anni, un cartello avverte che il fondo è dissestato, o che cadono dei massi: mi pare di poter dire che o ci si decide a rimediare o, in alternativa, ci si è dimenticati di togliere i cartelli a lavori effettuati. Una casa abusiva non viene costruita in una sola notte, magari a lume di candela, così come una colata di cemento a uso parcheggio per i turisti non vede colonne di carriole portare lì nell’oscurità l’occorrente cercando di passare inosservate. Che il fianco di una montagna minacci di venire in paese, o di tuffarsi in una diga, che ci sia un intero quartierino abusivo venuto su senza permessi e licenze edilizie, e in una zona pericolosa, piuttosto che un albergo altrettanto abusivo sul bagnasciuga, non sono sciocchezze sorte dal nulla e che si scoprono tardi perché ci siamo distratti un momento per andare a bere un caffè. Sono tutte situazioni che si concretizzano in un lasso di tempo abbastanza lungo da impedire a chiunque sia preposto a sorvegliare il territorio, e la liceità o meno delle attività umane che vi si svolgono, di invocare la propria ignoranza di quanto andava avvenendo. Riassumendo: c’è dolo da parte di chi costruisce, da parte di chi chiude gli occhi che dovrebbe tenere spalancati, così come da parte dei vicini di casa, da parte di chi effettua gli allacciamenti di luce gas e telefono e persino da parte del postino e di chi spedisce, a un indirizzo che non dovrebbe esistere, le cartelle esattoriali e i verbali delle contravvenzioni. Per non parlare di chi attribuisce numeri civici e nomi alle strade. C’è dolo anche per ciò che concerne frane e torrenti, visto che esistono frequenti rilievi del territorio compiuti a spese della collettività. Quindi assocerei i responsabili di questi rilievi, e a cascata tutti gli enti che messi al corrente della situazione non hanno provveduto per tempo sistemando, o almeno mettendo in sicurezza quanto di loro competenza, a fare gruppo con tutti i responsabili preposti alla corretta coesistenza persone-territorio: abusivi, autorità locali, distratti, ciechi, sordi, dormienti, conniventi e “comprensivi”. Ecco, secondo me il conto dei danni, a disastri avvenuti, stato di calamità compreso e aiuti economici conseguenti, andrebbe equamente distribuito tra tutti questi soggetti, dal primo all’ultimo e nessuno escluso, secondo il livello di responsabilità, del ruolo rivestito e il censo personale. Anche i mesi o anni di galera previsti, naturalmente. Chissà, forse si fermerebbe il moto perpetuo della betoniera Italia, alacremente intenta a vomitare cemento su se stessa.