VIII^
28/8/2014

Mio fratello ha fatto l’esattore al casello di Lainate della A4 per molti anni.

Risultato: ernie al disco e guai respiratori. Quindi benvenuto l’uso di Telepass e Bancomat. Un posto di lavoro che mina la salute non è un posto di lavoro: è un omicidio a basso costo…

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Mio fratello ha fatto l’esattore al casello di Lainate della A4 per molti anni.

Risultato: ernie al disco e guai respiratori. Quindi benvenuto l’uso di Telepass e Bancomat. Un posto di lavoro che mina la salute non è un posto di lavoro: è un omicidio a basso costo. Fino a non molto tempo fa comperavo il cosiddetto grattasosta dal tabaccaio; in alternativa da un uomo con il gilet arancione autorizzato a venderlo, e che si aggirava nei pressi del parcheggio: in entrambi i casi acquisto del biglietto, sorriso e saluto. Ora stanno proliferando dei totem scuri e tecnologici che ingoiano soldi, veri o virtuali, e che vomitano l’autorizzazione a parcheggiare. A un’edicola comperavo il giornale, una rivista, pagavo, sorriso e saluto; alla cassa degli ipermercati facevamo la coda con il nostro carrello, la cassiera batteva i prezzi, pagavamo, sorriso e saluto. Poi sono comparsi i lettori di codici, e siamo stati solleticati a farci il conto da soli, per risparmiare i cinque o dieci minuti della coda. Il nostro pc o il tablet hanno cominciato a portarci in casa la falsa comodità dei giornali in versione virtuale, anche se nessuno legge lì sopra qualcosa di più dei titoli, o poco altro; hanno portato anche la possibilità di comperare libri senza muoverci da casa, naturalmente rinunciando a saluto e sorriso in cambio di “favolosi sconti”. Le stazioni di servizio erano un posto in cui stiracchiarsi, mentre il benzinaio provvedeva a farci il pieno, controllare l’olio e lavarci il parabrezza: con due monete in più,  i generosi, sorriso e saluto, si riprendeva la strada. Poi sono comparsi i distributori self service, anch’essi disposti a ingoiare denaro vero o virtuale,  che, illudendoci con un ridicolo sconto, hanno iniziato a trasformarci in fornitori di noi stessi. Pochi esempi, quei pochi che però dovrebbero bastare a farci riflettere su un fenomeno in rapida espansione, che tende a darci l’illusione che sì, stiamo effettivamente risparmiando tempo e denaro, se accettiamo di sostituire cassiere, giornalai, parcheggiatori, benzinai e librai con delle trappole tecnologiche che ci permettono di arrangiarci da soli. Secondo me si tratta di un imbroglio, e cerco di spiegarmi. Delle persone sedevano alle casse, delle persone facevano i parcheggiatori, delle persone facevano i benzinai, i commessi in libreria, gli edicolanti, di giorno, di notte, nei giorni di festa; magari non erano entusiasti di ciò che facevano o magari sì, ma comunque lavoravano. Semplicemente la nostra impressione fasulla di risparmiare tempo e denaro, che di questo si tratta, sta lentamente e inesorabilmente spingendo queste persone nel novero dei disoccupati. Non vuol dire solo “senza lavoro”, la parola disoccupati: vuol dire perdita di dignità, disistima, rabbia, frustrazione, depressione, oltre che perdita di quanto serve materialmente per vivere. Non ultimo, significa anche un deterioramento dei rapporti sociali, un ulteriore motivo di divisione rancorosa in un paese, il nostro, già spaventosamente povero di un vero collante sociale, se si escludono le pallonate. Accettando questa sostituzione dell’essere umano con dei marchingegni, noi, cosa ci guadagniamo in realtà? Nulla. Gli unici a guadagnarci, ancora una volta, sono paperoni, multinazionali, amministrazioni pubbliche o private: noi, bene che ci vada, restituiremo in tasse presunti, illusori e micragnosi risparmi. L’uomo, noi, non ci guadagniamo nulla: in primo luogo perché cinque minuti di coda sono il tempo di un’occhiata distratta a una vetrina, un semaforo, e anche il lettore di codici non mi porta più comunque a una cassa, ma a una specie di trappola che ingoia i soldi e mi dà lo scontrino; inoltre due o tre centesimi di sconto su cinquanta litri di benzina fanno un euro, poco più o poco meno, troppo poco per giustificare un disoccupato; così come il giornale virtuale fa di me un non lettore e del giornalaio un uomo costretto a chiudere bottega; così come per il parcheggio e il parcometro, che a noi sostare costa la stessa cifra. Capirei, e accetterei di farmi benzina da solo, se tutto questo tramestio per sostituirci con delle macchine si trasformasse in un servizio migliore e in tempo libero remunerato per tutti gli interessati, ma così non è. Quindi faccio benzina solo ai distributori serviti dal personale, faccio la coda alle casse e continuo a cercare ostinatamente l’omino con i grattasosta, o il tabaccaio più vicino, l’edicola, una libreria; forse verranno comunque estromessi dal mondo del lavoro, ma almeno senza il mio aiuto. Se ci rifiutassimo tutti di farci abbindolare dall’illusionismo del mercato, se facessimo tutti così, e davvero non è un gran sacrificio, forse molte persone continuerebbero a sorridere e salutare.