Il treno muove lento
stridendo di fatica
come un bruco impacciato
striscia per la città
da dietro i vetri sporchi
gli sguardi frastornati
ricercano abitudini
o una strada chissà

qualcosa da rimpiangere
qualcosa che confermi
che era valsa la pena
di aver vissuto là

il treno si distende
ed è ormai la campagna
aperta come un limbo
di apatica irrealtà
e perfora la notte
succhiando la rotaia
trascinando occhi chiusi
e perdute castità

con l’alba sfiora il mare
non più il gelso ma il torto
tronco degli uliveti
allo sguardo si dà

con l’ultimo raschiante
urlo si ferma il treno
scendono qui le anime
di antiche povertà
è antica anche la polvere
che ricadendo lenta
copre valige nuove
e scarpe da città.